Fra i gialli di Georges Simenon con il commissario Maigret, suggerisco l’insolito “Il caso Saint-Fiacre”. Questo romanzo, parte della vasta serie di Maigret e scritto nel 1932, offre uno sguardo unico sull’aspetto umano del commissario, rivelando la sua paura, la sconfitta, l’indecisione, i ricordi d’infanzia e la nostalgia di un passato felice ormai lontano.

L’infanzia di Maigret riaffiora nei suoi ricordi mentre visita il castello di Saint-Fiacre.
Suo padre vi aveva lavorato come intendente per trent’anni, e qui Maigret era nato e aveva trascorso gran parte dei suoi primi anni. Un’opportunità per riordinare la memoria, offrendo una prospettiva nuova sulle sue radici, le pietre, la terra, le persone.
Il commissario giunge al villaggio in serata e si stabilisce in una locanda per partecipare alla messa del giorno seguente, il giorno dei morti.
In questo periodo incontrerà diverse persone formulando ipotesi per risolvere il delitto che avverrà all’alba, proprio durante la messa, come preannunciato dalla lettera anonima.
In questo racconto, la storia è arricchita da elementi figurativi e simbolici che incorniciano la narrazione.
Il freddo, il gelo, il caldo e la tensione
Il primo giorno è caratterizzato dal freddo: un lago gelato, foglie secche sotto i piedi, e un vento implacabile. “La tramontana tagliava il viso, e Maigret si stringeva il colletto del cappotto con entrambe le mani,” mentre il grigiore del cielo permea l’intera atmosfera circostante.
Il secondo giorno è quello del caldo intenso: della tensione, degli ambienti chiusi, dell’alcol, delle persone ferme a sudare in spazi circoscritti, in attesa che il cerchio si chiuda.
I ricordi
Maigret rivive gli anni della sua infanzia, rievocando il suono dei passi lungo i sentieri e nelle stanze dove giocava e correva da bambino, figlio di un intendente, nel castello dei nobili padroni.
Esamina la casata dei Saint-Fiacre, un tempo vigorosa, e la confronta con quella attuale. Non trova più nobiltà e dignità, ma solo una continua decadenza economica, con le casse vuote e l’abbandono: il castello è ipotecato… Tre delle quattro fattorie sono state vendute… Di tanto in tanto, un antiquario arriva a prelevare gli ultimi oggetti di valore… La contessa trascorre i suoi giorni consumata tra peccato e rimorso, mentre il figlio dissipa gli ultimi beni.
Sono anni che Maigret non torna nel paese; l’ultima volta era stata per il funerale del padre nel piccolo cimitero accanto alla chiesa.
Anche oggi, la morte segna il suo ritorno.
I fantasmi del passato emergono, passi incessanti riecheggiano sul pavimento e sul selciato.
Questo incessante andare avanti e indietro lo accompagna tra la chiesa, le case con la locanda e il castello, muovendosi senza sosta lungo questi vertici triangolari.
Un’anziana signora defunta, un prete vestito di nero, il commissario che rievoca il padre scomparso e il vecchio conte, anch’egli passato a miglior vita, che condivideva con il padre lunghe ore sui libri contabili.
Queste figure ruotano attorno al passato e alla morte, a ciò che è scomparso.
Maigret svelerà il complesso delitto, ma si lascerà avvolgere dalla cupa atmosfera e dal graduale disfacimento del suo mondo, un tempo luminoso e gioioso, ora avvolto dalla fredda ombra della morte.
Rimarrà in disparte, come osservatore, affidando al figlio della vittima il compito di smascherare il colpevole.
Adattamenti cinematografici
Dal romanzo sono stati tratti almeno due adattamenti per il cinema e la televisione.
Il primo, del 1959, è “Maigret e il caso Saint Fiacre” con Jean Gabin nel ruolo di Maigret. Nonostante il successo del film, Gabin recitò con riluttanza in altri due lungometraggi nei panni del celebre commissario. Le riprese si svolsero al Chateau des Mesnuls.
Nel 1995 ne venne girata una ottima versione televisiva con Bruno Cremer.
il libro
Il caso Saint Fiacre, Georges Simenon, Adelphi
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